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Quarto itinerario - La Depressione [km 1600]
SPEDIZIONE ALLA DEPRESSIONE DI EL QATTARA
Da tempo programmavo una spedizione nella depressione, ma venivano sempre negati i visti. Finalmente Ahmed nel mese di settembre mi comunica che questa volta ci danno i permessi e così saremo fra i primi esploratori ad attraversare la depressione. Depressione di el Qattara: come diceva Rommel e Bechi Luserna, una zona di paludi, miasmi putridi sabbie mobili e invalicabile ai mezzi corazzati. In realtà non è del tutto vero, infatti già prima del settembre 1942 truppe dell’Asse e i famosi LRDG avevano esplorato il tratto a sud dell’Himeimat, spingendosi oltre l’oasi di el Moghra fino a Qara (i locali la chiamano Djiara) per trovare una possibile via di aggiramento della stretta di El Alamein.
Comincio a stendere un possibile programma di viaggio e alla fine opto per un attraversamento da Sud verso Nord, passando da Siwa. Non potendo utilizzare gli scali di Alessandria, Matruh, El Dabah opto per Il Cairo. Quindi faremo: Cairo- Bahairija, black desert, white desert, Ain Dalla, Gss, Siwa, Qattara, El Alamein, Cairo. Otto giorni a disposizione e un programma intensissimo. Tutto è pronto e, accompagnato da tre geologi/cartografi e alcuni amici, il 3 novembre 2007 partiamo.
Nell’esplorazione ho incluso il poco noto sito archeologico di Wadi El Obeyed. Tralasciando la descrizione dell’ormai noto deserto nero e bianco, pur sempre ricchissimo di fascino e sorprese, la mattina del 5.11 siamo nei pressi dell’oasi di Farafra. Farafra è la seconda depressione del deserto occidentale e si estende per 90 km Est-Ovest e per 200 km Nord-Sud e solo la parte Sud è aperta. La sua superficie è formata da affioramenti di calcare marnoso cretaceo di colore bianco accecante e molto fossilifero e in seguito alla erosione idrica prima e eolica poi, si sono formati una serie di elementi rocciosi molto suggestivi da cui il nome Deserto Bianco. Lasciamo la pista asfaltata a circa 10 km dall’oasi e, in direzione NW ci addentriamo nel Wadi El Obeyed. Molto suggestiva la risalita fra pinnacoli e funghi lattescenti, fino ad arrivare con qualche difficoltà in quello che era un antico bacino idrico e attraversatolo nel fondo, raggiungiamo la base di una falesia di confine alla cui sommità si apre una cavità. Risalita con un po’ di fatica raggiungiamo l’imbocco della grotta di chiara origine carsica, composta da due cavità abbastanza ampie e altre minori con segni di crollo.
Deserto Bianco
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Deserto Bianco
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Deserto Bianco
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Incisioni rupestri
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Incisioni rupestri
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Nella prima cavità sono evidenti incisioni con figure di animali cornuti e incisioni parallele di incerta interpretazione, nella seconda sono evidenti invece impronte di mani in “negativo”. Questa grotta è stata studiata da archeologi italiani dal 1995 i quali hanno datato il sito a circa 7000 B.C. Vedi: B.Barich: Missione italiana nell’oasi di Farafra (Università degli Studi di Roma “ La Sapienza”) 2003. R.Ruggeri: Paleomorfologie Carsiche del Sahara Egiziano (CIRS Ragusa) 2000/2001.
Lasciata Ain Dalla ed inoltratisi nel GSS impiegheremo due giorni per arrivare a Siwa: base di partenza per l’esplorazione della Depressione di Qattara. Pernottiamo a Siwa, e il mattino presto successivo lasciamo l’oasi e imbocchiamo l’asfaltata per Matruh ma che ben presto, e cioè all’altezza del check point, lasciamo per imboccare a destra la pista.
Oasi di Siwa
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Oasi di Siwa
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Hot Spring
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Hot Spring
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Hot Spring
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Questa è una delle cinque piste che durante la XVI e la XXX Dinastia attraversavano Siwa. Queste rotte,attraversavano la valle del Nilo, l’Africa centrale e la costa mediterranea ed erano in uso dal periodo greco/romano fino al XX secolo d.C.. Il nostro percorso carovaniero, partiva da Siwa e passando per Qara (Gara, Djiara) raggiungeva Jarawla e Alessandria sulla costa mediterranea in circa dodici giorni di viaggio. Sembra sia stata la rotta percorsa da Alessandro per raggiungere Siwa. Terreno compatto, sassoso, ondulato, molto duro e snervante da affrontare sia per i partecipanti che per le jeep. Dopo circa 60 65 km raggiungiamo Hot Spring: una sorgente che sgorga a pressione da un pozzo artificiale: temperatura dell’acqua circa 50°, sulfurea. Quest’acqua ha generato una pozza e una piccola oasi fatta di arbusti e erbacee basse. Affioramenti salini cristallizzati tutto intorno. Temperatura ambiente intorno ai 25/28 gradi, gradevole. Altitudine -11mt s.l.m..
Il GPS traccia esattamente sulle carte IGM 1942 il percorso sulla pista segnata: bravo Aster, hai fatto un ottimo lavoro di georeferentazione! Panorama piatto, solcato da residui di alture erose.
Sulla pista
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Sulla pista
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Sulla pista
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Sulla pista
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Sulla pista
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Procediamo per circa 16 km, risalendo il Wadi el Mugabara e, superati due tornanti ci troviamo sulla sommità di un bordo noto come Naqb el Mugabara. Davanti a noi si apre un plateau piatto, sassoso, ricoperto da fossili di bivalve, ricci, gasteropodi. Ora siamo sopra il livello del mare, e a perdita d’occhio il nulla assoluto. 40 Km di fondo sempre duro e sassoso e superato El naqb El Abyad arriviamo al bordo del plateau in località el Naqb el Ahmar, a sud Minqar Tibaghbab. Terreno sabbioso, cosparso da alberi di acacia arbusti e numerose tracce animali: ricorda la savana. Il fondo ora è migliore concedendo respiro alle schiene e ai mezzi, altitudine circa 10-11 mt s.l.m. e dopo circa 20 km ci troviamo al bordo di una depressione sotto la quale si offre ai nostri occhi la riposante e verde oasi di Qara.
Sulla pista
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Oasi di Qara
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Oasi di Qara
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Oasi di Qara
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Oasi di Qara
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L’abitato di Qara (in arabo “la collina”) è situato a 130 km a NW di Siwa , posto sopra una collina di arenaria e costruito come fortezza. Il metodo di costruzione, kerfish, è simile a Shali di Siwa (mattoni di sale e fango) e ora è del tutto in rovina. Alle pendici numerosi resti di accampamenti della seconda guerra mondiale insieme a vasellame rotto e manufatti in foglia di palma intrecciata. Un pozzo circolare ricorda quello di Siwa di origine romana.
Questo tipo di costruzione non appare nelle altre oasi disabitate, a dimostrazione del fatto che tali oasi furono abbandonate prima che tale tipologia costruttiva fosse diffusa nell’ XI e XII secolo. In passato Qara era abitata da circa cento abitanti di origine berbera, sotto la giurisdizione di uno sceicco, oggi la popolazione si aggira sulle trecento unità.
Oasi di Qara
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Oasi di Qara
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Oasi di Qara
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Oasi di Qara
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Oasi di Qara
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A nord di Qara, le mappe dei primi del 900 indicano un sito denominato Qaret Iskander, ma una ricerca condotta non ne rivela alcuna traccia archeologica. La nostra mappa (1942) riporta invece la località Ain Shitar (pozzo salato): qualche analogia nel nome c’è. Siamo a -35 mt s.l.m. e Ahmed (nostra guida) mi dice che il nome esatto è Djiara om el Sahrir: c’è un po’ di confusione o storpiatura dei nomi. L’oasi è di piccole dimensioni ma molto suggestiva, un vasto bacino salmastro, campi coltivati e palme da dattero fanno da cornice. Dietro l’altura cioè verso N si estende l’abitato: poche case basse di fango e alcune intonacate, una moschea, una piazza con una lapide in arabo, un posto di polizia e un gruppo elettrogeno che fornisce energia per sei ore al dì.
Da un po’ di km la strada è asfaltata ma durerà poco. Sembra di essere sprofondati nell’antichità: non vi sono auto, moto, biciclette o rumori ma soltanto qualche asinello, non illuminazione né altre modernità. Ci accoglie il Governatore del villaggio: viso scuro, inciso simpatico e incastonato in una galabeja bianca candida: onori di casa e sosta pranzo. Ci preparano i tavoli sotto un porticato che lascia passare una brezza piacevole che presto vengono imbanditi con falafel, focacce, verdura arance e acqua portate da noi.
Piano piano si radunano persone di ogni età e con estrema dignità e discrezione si siedono in un lato senza disturbare ma osservandoci incuriositi e divertiti, i bambini arrivano con ceste in foglia di palma di ottima fattura e aspettano che finiamo il pranzo per offrircele in cambio di qualsiasi cosa: non hanno assolutamente nulla. Ahmed coglie l’occasione per dirci di non dare denaro per niente, oltre che non saperne che fare o quasi infatti non si compra nulla a Qara (ne conoscono comunque il valore!) non va bene. Così, finito il pranzo alcuni di noi acquistano i manufatti. Il Governatore, saputo che siamo italiani, vuole raccontare un episodio occorso alla popolazione ai tempi di suo padre e cioè negli anni 41 42: Ahmed traduce in inglese per noi: “I locali avevano accumulato delle taniche ai piedi della collina che luccicavano al sole, un giorno un cacciabombardiere italiano (forse SM79) sorvolò la zona e viste le taniche le interpretò come un campo di rifornimento inglese. Invertita la rotta cominciò a mitragliare la zona e poi si allontanò verso nord (proveniva da Siwa) allorquando una avaria al motore costrinse l’equipaggio ad un atterraggio forzato. Gli abitanti dell’oasi videro una colonna di fumo nero alzarsi all’orizzonte per cui il padre del governatore e altri abitanti partirono in quella direzione ma giunti sul luogo dell’impatto non trovarono nessuno se non il relitto fumante. Seguirono le tracce e dopo molto tempo incontrarono i quattro superstiti assetati e sfiniti: li caricarono sugli asini e li portarono all’oasi ove vennero rifocillati e dissetati. Passò un secondo aereo e pensando all’effetto di un attacco inglese, telegrafò a Siwa di mandare truppe a conquistare il presunto caposaldo inglese. Un soldato italiano rimase nel paese mentre gli altri tre accompagnati da tre locali mossero a dorso di asino alla volta di Siwa e vennero recuperati più tardi da un aereo italiano ma intanto l’esercito marciava alla volta di Dijara. Grazie all’intervento del soldato rimasto in paese venne scongiurato l’assalto informando le truppe che andava tutto bene, erano stati salvati dai locali, e non c’era nessun inglese.” Bellissima storia, e soprattutto commovente. A questo punto il governatore porta il libro degli ospiti sul quale dobbiamo apporre la firma: un librone con poche pagine scritte, tutte in arabo e soltanto tre (!) firme straniere: qui non viene proprio nessuno infatti solo ora sono stati concessi permessi agli stranieri.
Oasi di Qara
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Oasi di Qara
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Ritorno
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Ritorno
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Ritorno
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Prima del congedo giriamo un po’ per le stradine e incontriamo bimbi con lesioni oculari, adulti con piaghe agli arti e scopriamo con rammarico che in questo luogo non vi è alcun presidio sanitario né tantomeno arriva occasionalmente qualche medico. Questo luogo è dimenticato. Ahmed ogni tanto porta loro coperte, vestiario e bottiglie di acqua e a questo punto mi fa una proposta alla quale non posso assolutamente rifiutare: due volte l’anno scendere con due infermieri e stare una settimana a curare le persone e insegnare loro un po’ di norme igieniche. Tornato a casa mi metterò subito all’opera per studiare un criterio di fattibilità. Dobbiamo ripartire, la strada è lunga, per cui congedatici con non poca emozione per l’ospitalità e la dignità dimostrata saliamo sui mezzi in direzione N. Lasciato l’asfalto riprendiamo la pista sconnessa e sassosa, arenarie scure e frastagliate ci accompagnano, scendiamo di livello, ai lati distese di coralli fossili in posizione di vita (cioè verticali) e dopo venti km in località Minqar El Ahmar giriamo verso S per portarci dopo circa trenta km nel tratto più insidioso: la sebka con le sabbie mobili; prima però attraversiamo quello che è un fondo marino fossile con sabbia solidificata a mammelloni per la gioia dei mezzi.
Ritorno
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Ritorno
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Ritorno
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Ritorno
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Ritorno
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Siamo a -100 -120 mt s.l.m. e davanti a noi si estende un immenso tavolato sabbioso umido con increspature formate da blocchi di sale, ricorda il pack artico quando si frantuma, si estende per oltre trenta km quadrati e la pista attraversandolo compie ampie deviazioni per evitare appunto il terreno infido.
Sabbie mobili
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Sale
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Salvataggio...
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Sebka
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Kefir
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Dopo quattro km raggiungiamo la località di Kefir, non segnata sulle carte, e lo spettacolo che ci si presenta è unico: un getto ad alta pressione che sgorga dal terreno di acqua dolciastra alla temperatura di 70°! Intorno è nata una piccola oasi ed è stupefacente vedere come alghe termofile abbiano colonizzato i bordi del getto caldo.
Kefir
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Ritorno
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Ritorno
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Ritorno
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Ritorno
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Dovremo percorre altri venti km per trovare sabbia compatta e questa ci accompagnerà fino al tramonto; altri venti km e risaliamo la depressione a quota – 30 mt s.l.m.. Sabbia fine per diciotto km, giallo carico con alcune dune ci fanno ricordare il GSS e all’ombra di una duna maggiore facciamo il campo per la notte.
In lontananza, all’orizzonte si scorgono fiamme: sono i pozzi petroliferi che sono stati trovati di recente nella depressione di Qattara. Il mattino dopo, percorriamo la pista solcata da alcuni camion che porta direttamente alla cittadella petrolifera; finalmente asfalto buono e nuovo: una sbarra ci segnala che siamo al check point dell’insediamento e varcatolo entriamo in una oasi con giardini, campi da basket, fontane, moschee e alloggiamenti per gli operai; in secondo ordine i serbatoi per il greggio e le raffinerie. Percorriamo così novanta km di buona strada fino al bivio per 'Alameen' e Cairo.
Tramonto
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Preparazione per la notte
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Ritorno
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Bivio
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Bivio
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L’asfalto non fa per noi così attraversiamo il bivio e ci tuffiamo in direzione N in un piccolo mare di sabbia cosparso da migliaia di tronchi fossili di tutte le forme e dimensioni, resti di antica attività fluviale, siamo a circa – 15 mt s.l.m..
Ritorno
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Ritorno
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Fossili
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Moghra
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Dopo circa cinquantacinque km raggiungiamo l’oasi disabitata di Moghra, sempre suggestiva e bella, con le sue palme e tamerici a farle da contorno: una sosta per rifocillarci e poi via per l’ultimo tratto di venti km verso l’Himeimat non privo di difficoltà a causa del dissesto prodotto dai mezzi per le prospezioni petrolifere. Esperienza unica e impegnativa la traversata della depressione di Qattara, ricca di paesaggi e aspetti geologici unici, ambiente cristallizzato a milioni di anni fa, fotografia di un ambiente marino svanito.
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